lunedì 26 maggio 2014

L'è nata poca donna.


È difficile sentire l’atmosfera natalizia con 28 gradi là fuori, specie se hai appena fatto il tuo primo bagno nell’oceano. Il sole è cocente a Melbourne, ci sono giorni che è meglio restare in casa. Non è ancora piena estate, il culmine arriva a febbraio dove si raggiungono i 40 gradi. È un caldo asciutto, non mi da fastidio. La sensazione è quella di un mega fohn che spara interrottamente aria calda sulla città. In verità, in quanto a clima, Melbourne è lunatica. Esci di casa la mattina presto fa un caldo boia, decidi quindi di andare in spiaggia ma piove un po’ e ti tocca tornare a casa e metterti la felpa. Comunque, pare che sia così un po’ tutta l’Australia, per lo meno sul versante orientale. Il problema del tempo attanaglia tutti, come in Inghilterra; e visto che l’80% del sangue australiano è anglosassone, mi vien da dire, saranno forse gli inglesi a portare un po’ sfiga?
Ritornando al Natale, dai vicini intanto, oltre il cancello, è successo un putiferio.
Galeotto fu un bloody alberello con pallette colorate e un babbo natale seduto sulla cima dell’abete, sì, proprio al posto della cometa, o come meglio preferite, un babbo natale con l’alberello infilato, non so perché e a chi sia venuta in mente un’idea del genere, comunque. Il punto è che da sopra il tavolinetto del tavolo dove era, il babbo-albero o l’albero-babbo finisce in cortile, vicino ai bidoni della spazzatura.
«Brad è un metallaro di merda!»
Certo, solo un metallaro può impazzire in quel modo di fronte a babbo natale. È sicuramente colpa dei suoi gusti musicali, che fanno un tutt’uno con il suo stile di vita, i suoi credo, la sua concezione dell’universo. Anche se, per quanto Nicoletta sia mia amica e penso che Brad abbia esagerato, intimamente lo appoggio. Per fortuna gli altri coinquilini, metallari anche loro, non hanno aperto bocca sulla questione del babbo-albero, Dan perché non parla proprio, Roy perché non esce mai dall’oscurità della sua cameretta, se non per mangiare gli avanzi dei super abbondanti pasti che prepara Nicoletta da brava siciliana. E sempre da brava siciliana, intanto che cucina e lava, si lamenta che nessuno fa niente in casa. Una settimana a Natale, la ragazza del sud appronta il suo piano di guerra.
«Stellaaaa!!!», mi urla che sono a un metro da lei per attirare la mia attenzione e come un vecchio bacucco il più delle volte non le rispondo. Vuole che la aiuto a preparare il menù. Per me pasta, vino e panettone e Natale è bello che pronto.
«Ma che sei impazzita?!!!».
«Nicolè, fa come te pare, io spingo il carrello, va ben?»
Sono brava ad ascoltare e a dare buoni consigli alle amiche ma, per carità, non chiedetemi se è meglio la tovaglia con le renne o quella con i fiocchi di neve, se l’albero-babbo n. 2 sta meglio sul tavolinetto, al posto del l’albero-babbo n. 1, o per terra vicino all’entrata. Ho risposto che per me può star bene vicino ai bidoni, come l’albero-babbo n. 1, ma non la faccio ridere.
Poi mi fa ascoltare la playlist delle feste. Conosco Nicoletta e la sua musica bella zalla, come dice lei stessa. Obietto solo che visto quello che è successo all’albero-babbo, Ai seu te pego, Macarena e Cecerece suonano come una dichiarazioni di guerra, ma lei ribatte che quelli sono dei mentecatti, che già che c’è da mangiare gratis stanno a posto.

Il 24 dicembre lo passo quindi con Nicoletta e i nuovi amici, il 25 barbecue a Mornington con gli amici di Pesaro – che finalmente riesco a beccare dopo un’era zeologica che non ci si vede –, capodanno di nuovo con Nicoletta e Simona, un’amica di Vicenza da poco a Perth che non vuole passare le festività da sola. Giuliano non lo sento da un po’ invece, la sua ragazza s’è ingelosita e non vuole che passiamo le feste insieme. Ci mancherebbe, non mi metterei mai in mezzo a una storia, sono sempre stata corretta, l’ho solo sfiorato, infinite volte, col pensiero.

La notte del 31 c’è un sacco di gente a casa dei vicini. Tutti sono tranquilli e sereni, la cena ottima, conosco un ragazzo di Brisbane di nome Tim. Magrolino, biondino con la barbetta, sembra Curt Cobain, è professore di recitazione all’Università e ha solo 25 anni. Io mi faccio presto ubriachella, è carino, mi accorgo che gli piaccio. Le ragazze sono tirate a lucido, truccatissime, i ragazzi pure, alcuni giacca e cravatta addirittura. Io sono sempre il solito animale, se c’è da andare a ballare jeans e scarpe da tennis, specie a capodanno, perché non si sa mai come e dove si va a finire.
«Che dici, ce ne andiamo a Edimburgh Park?»
Un casino di gente quella sera andava a Edimburgh Park, mi arrivano sms di amici diretti lì.
Chiedo un po’ in giro, Nicoletta vuole rimanere a casa con gli altri, sono tutti ubriachi come cenci, io e Simona ce ne andiamo e Tim e altri ci vengono dietro. Camminiamo una cifra, ma quando sei brillo non ci fai caso, specie se non fa freddo e sei in compagnia. Un uomo in bicicletta con una canna in bocca si ferma e ce la offre. Io e Tim ci baciamo. Prendiamo un tram, io e Tim vicini, gli altri dietro di noi che ci sfottono.
Edimburgh Park è un delirio! Si sente pompare la musica elettronica dalla strada, musica come si deve, minimal da Cocoricò (#benedettosiasempreilcocoricò), c’è un fottio di gente, Tim mi tiene per mano. Simo urla, la folla ci risucchia. Un ragazzo mi prende il braccio e mi trascina via, mi vuole baciare – ps: è in md’ sparato – ma c’è Tim che mi riprende e mi chiede se voglio andare via con lui.
No, non se ne parla. Gesù, è capodanno! E mentre lui se ne va, io e Simona saltiamo come grilli in mezzo a quel casino sprizzante di gioie chimiche. Per terra ci sono bottiglie e bicchieri di plastica. Mi guardo intorno per vedere se incontro qualcuno che conosco ma c’è troppo delirio, e poi è buio, non si vede niente.
A una certa decidiamo di tornare a casa. Il pellegrinaggio Macerata-Loreto che avevo fatto da ragazzina era stato meno straziante. Gli autobus e i tram passano a babbo morto, tutti sono ad aspettare i taxi, i taxi a Melbourne fanno schifo, hanno regole tutte loro, se tu non vai nella loro direzione non ti caricano, è peggio che a Roma. Almeno io e Simona stiamo comode, ci sono torme di ragazze ai bordi delle strade che si trascinano sui tacchi come vacche zoppe.
Siamo a Fitzroy e ci facciamo Brunskwick Road avanti e indietro un paio di volte. Non fatevi ingannare dal nome della via, anche se si chiama come il mio quartiere sta tutta da un’altra parte. Ci sediamo sul ciglio della strada ad aspettare. Mi telefona Genna, «Cate, ma dove sei?». Gli dico della serata, si fa due risate «ci sei mancata, maledetta, ma perché non ci raggiungi?», «Giuliano non è con voi? La sai la storia, no?», «No, è con la tipa, tranx», ma io e Simona siamo letteralmente morte e, visto che poi i taxi non passano, non c’è modo di muoversi in alcuna direzione se non a piedi.
Grazie al cielo alla fine ne troviamo uno.
Fa un freddo cane e come arriviamo a casa ci nascondiamo sotto le coperte. È stata una bella serata, mi sono proprio divertita tanto. Mi chiedo come è proseguita la festa a casa di Nicoletta, tra i balli di gruppo e la sangria.

La mattina siamo di nuovo da lei. Colazione insieme e poi tutte sul divano a raccontarci i gossip della serata. Una coppia ha litigato, Nicoletta s’è sbaciucchiata uno, Chiara, la ragazza che aveva seguito me e Simona a Edimburgh Park, è finita a letto con un tipo, Brad e altri metallari a una certa si sono chiusi in camera e hanno fumato tutta la notte. Sentiamo casino al piano di sopra, si sono svegliati pure loro. Giornata post-capodanno, cinque ragazzi contro cinque ragazze. Sì, fate bene a pensare male, ma di base nessuno conclude niente con nessuno, sembra di stare dentro a una sitcom dove A ci prova con B che vuole C che è indeciso tra A e D, allora anche E pensa che A non sia male, eccetera, un puttanaio insomma, dove io sicuro sono Z che proprio, proprio non ne voglio sapere niente. E a forza di lettere che si incrociano mi viene nostalgia di risolvere in santa pace uno schema di Bartezzaghi.

Nessun commento:

Posta un commento