È difficile sentire l’atmosfera
natalizia con 28 gradi là fuori, specie se hai appena fatto il tuo primo bagno
nell’oceano. Il sole è cocente a Melbourne, ci sono giorni che è meglio restare
in casa. Non è ancora piena estate, il culmine arriva a febbraio dove si
raggiungono i 40 gradi. È un caldo asciutto, non mi da fastidio. La sensazione
è quella di un mega fohn che spara interrottamente aria calda sulla città. In
verità, in quanto a clima, Melbourne è lunatica. Esci di casa la mattina presto
fa un caldo boia, decidi quindi di andare in spiaggia ma piove un po’ e ti
tocca tornare a casa e metterti la felpa. Comunque, pare che sia così un po’
tutta l’Australia, per lo meno sul versante orientale. Il problema del tempo attanaglia
tutti, come in Inghilterra; e visto che l’80% del sangue australiano è
anglosassone, mi vien da dire, saranno forse gli inglesi a portare un po’
sfiga?
Ritornando al Natale, dai vicini
intanto, oltre il cancello, è successo un putiferio.
Galeotto fu un bloody alberello
con pallette colorate e un babbo natale seduto sulla cima dell’abete, sì,
proprio al posto della cometa, o come meglio preferite, un babbo natale con
l’alberello infilato, non so perché e a chi sia venuta in mente un’idea del
genere, comunque. Il punto è che da sopra il tavolinetto del tavolo dove era,
il babbo-albero o l’albero-babbo finisce in cortile, vicino ai bidoni della
spazzatura.
«Brad è un metallaro di merda!»
Certo, solo un metallaro può
impazzire in quel modo di fronte a babbo natale. È sicuramente colpa dei suoi
gusti musicali, che fanno un tutt’uno con il suo stile di vita, i suoi credo,
la sua concezione dell’universo. Anche se, per quanto Nicoletta sia mia amica e
penso che Brad abbia esagerato, intimamente lo appoggio. Per fortuna gli altri
coinquilini, metallari anche loro, non hanno aperto bocca sulla questione del
babbo-albero, Dan perché non parla proprio, Roy perché non esce mai
dall’oscurità della sua cameretta, se non per mangiare gli avanzi dei super
abbondanti pasti che prepara Nicoletta da brava siciliana. E sempre da brava
siciliana, intanto che cucina e lava, si lamenta che nessuno fa niente in casa.
Una settimana a Natale, la ragazza del sud appronta il suo piano di guerra.
«Stellaaaa!!!», mi urla che sono
a un metro da lei per attirare la mia attenzione e come un vecchio bacucco il
più delle volte non le rispondo. Vuole che la aiuto a preparare il menù. Per me
pasta, vino e panettone e Natale è bello che pronto.
«Ma che sei impazzita?!!!».
«Nicolè, fa come te pare, io
spingo il carrello, va ben?»
Sono brava ad ascoltare e a dare
buoni consigli alle amiche ma, per carità, non chiedetemi se è meglio la
tovaglia con le renne o quella con i fiocchi di neve, se l’albero-babbo n. 2
sta meglio sul tavolinetto, al posto del l’albero-babbo n. 1, o per terra
vicino all’entrata. Ho risposto che per me può star bene vicino ai bidoni, come
l’albero-babbo n. 1, ma non la faccio ridere.
Poi mi fa ascoltare la playlist
delle feste. Conosco Nicoletta e la sua musica bella zalla, come dice lei stessa. Obietto solo che visto quello
che è successo all’albero-babbo, Ai seu te pego, Macarena
e Cecerece suonano come una
dichiarazioni di guerra, ma lei ribatte che quelli sono dei mentecatti, che già
che c’è da mangiare gratis stanno a posto.
Il 24 dicembre lo passo quindi con
Nicoletta e i nuovi amici, il 25 barbecue a Mornington con gli amici di Pesaro
– che finalmente riesco a beccare dopo un’era zeologica che non ci si vede –,
capodanno di nuovo con Nicoletta e Simona, un’amica di Vicenza da poco a Perth
che non vuole passare le festività da sola. Giuliano non lo sento da un po’ invece, la
sua ragazza s’è ingelosita e non vuole che passiamo le feste insieme. Ci
mancherebbe, non mi metterei mai in mezzo a una storia, sono sempre stata
corretta, l’ho solo sfiorato, infinite volte, col pensiero.
La notte del 31 c’è un sacco di
gente a casa dei vicini. Tutti sono tranquilli e sereni, la cena ottima,
conosco un ragazzo di Brisbane di nome Tim. Magrolino, biondino con la
barbetta, sembra Curt Cobain, è professore di recitazione all’Università e ha
solo 25 anni. Io mi faccio presto ubriachella, è carino, mi accorgo che gli piaccio. Le
ragazze sono tirate a lucido, truccatissime, i ragazzi pure, alcuni giacca e
cravatta addirittura. Io sono sempre il solito animale, se c’è da andare a
ballare jeans e scarpe da tennis, specie a capodanno, perché non si sa mai come
e dove si va a finire.
«Che dici, ce ne andiamo a
Edimburgh Park?»
Un casino di gente quella sera
andava a Edimburgh Park, mi arrivano sms di amici diretti lì.
Chiedo un po’ in giro, Nicoletta
vuole rimanere a casa con gli altri, sono tutti ubriachi come cenci, io e
Simona ce ne andiamo e Tim e altri ci vengono dietro. Camminiamo una cifra, ma
quando sei brillo non ci fai caso, specie se non fa freddo e sei in compagnia.
Un uomo in bicicletta con una canna in bocca si ferma e ce la offre. Io e Tim
ci baciamo. Prendiamo un tram, io e Tim vicini, gli altri dietro di noi che ci
sfottono.
Edimburgh Park è un delirio! Si
sente pompare la musica elettronica dalla strada, musica come si deve, minimal
da Cocoricò (#benedettosiasempreilcocoricò), c’è un fottio di gente, Tim mi
tiene per mano. Simo urla, la folla ci risucchia. Un ragazzo mi prende il
braccio e mi trascina via, mi vuole baciare – ps: è in md’ sparato – ma c’è Tim
che mi riprende e mi chiede se voglio andare via con lui.
No, non se ne parla. Gesù, è
capodanno! E mentre lui se ne va, io e Simona saltiamo come grilli in mezzo a
quel casino sprizzante di gioie chimiche. Per terra ci sono bottiglie e
bicchieri di plastica. Mi guardo intorno per vedere se incontro qualcuno che
conosco ma c’è troppo delirio, e poi è buio, non si vede niente.
A una certa decidiamo di tornare
a casa. Il pellegrinaggio Macerata-Loreto che avevo fatto da ragazzina era
stato meno straziante. Gli autobus e i tram passano a babbo morto, tutti sono
ad aspettare i taxi, i taxi a Melbourne fanno schifo, hanno regole tutte loro,
se tu non vai nella loro direzione non ti caricano, è peggio che a Roma. Almeno
io e Simona stiamo comode, ci sono torme di ragazze ai bordi delle strade che
si trascinano sui tacchi come vacche zoppe.
Siamo a Fitzroy e ci facciamo
Brunskwick Road avanti e indietro un paio di volte. Non fatevi ingannare dal
nome della via, anche se si chiama come il mio quartiere sta tutta da un’altra
parte. Ci sediamo sul ciglio della strada ad aspettare. Mi telefona Genna,
«Cate, ma dove sei?». Gli dico della serata, si fa due risate «ci sei mancata,
maledetta, ma perché non ci raggiungi?», «Giuliano non è con voi? La sai la
storia, no?», «No, è con la tipa, tranx», ma io e Simona siamo letteralmente
morte e, visto che poi i taxi non passano, non c’è modo di muoversi in alcuna
direzione se non a piedi.
Grazie al cielo alla fine ne
troviamo uno.
Fa un freddo cane e come
arriviamo a casa ci nascondiamo sotto le coperte. È stata una bella serata, mi
sono proprio divertita tanto. Mi chiedo come è proseguita la festa a casa di
Nicoletta, tra i balli di gruppo e la sangria.
La mattina siamo di nuovo da lei.
Colazione insieme e poi tutte sul divano a raccontarci i gossip della serata.
Una coppia ha litigato, Nicoletta s’è sbaciucchiata uno, Chiara, la ragazza che
aveva seguito me e Simona a Edimburgh Park, è finita a letto con un tipo, Brad
e altri metallari a una certa si sono chiusi in camera e hanno fumato tutta la
notte. Sentiamo casino al piano di sopra, si sono svegliati pure loro. Giornata
post-capodanno, cinque ragazzi contro cinque ragazze. Sì, fate bene a pensare
male, ma di base nessuno conclude niente con nessuno, sembra di stare dentro a
una sitcom dove A ci prova con B che vuole C che è indeciso tra A e D, allora
anche E pensa che A non sia male, eccetera, un puttanaio insomma, dove io
sicuro sono Z che proprio, proprio non ne voglio sapere niente. E a forza di
lettere che si incrociano mi viene nostalgia di risolvere in santa pace uno
schema di Bartezzaghi.
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