Ci vogliono circa dieci ore di
pullman da Melbourne a Canberra. Che poi a Canberra devo cambiare e prendere un
altro pullman per Goulburn, che non è ancora l’ultima destinazione e non lo
sarà nemmeno Crookwell, il primo centro abitato da un paio di famiglie, con un
bar e un benzinaio dal quale la fattoria dove sono diretta dista quaranta
minuti.
A Goulburn mi era venuto a
prendere Greg, un uomo sulla cinquantina con la camicia a quadri e un cappello
da gaucho dalla falda larga. Salgo sul suo pick up, Greg carica lo zaino grande
dietro, mi tengo davanti quello piccolo con il computer e la tavoletta grafica,
visto mai le buche. Parla con un accento stretto ma riesco capire grosso modo
quello che mi dice.
Non so descrivere come mi sento.
La strada è dritta, ce n’è una sola, e si stringe chilometro dopo chilometro.
Greg mi racconta come vende i suoi cavalli. Possiede più di 2,000 acri di
terreno e un centinaio di capi che lui e sua moglie Toni crescono in libertà.
Mi dice che ha buoni affari con gli americani e che vende gli stalloni a cifre
vertiginose. Mi faccio silenziosa, non c’è più tanto di cui parlare. È l’ora
del tramonto, wallaby e canguri corrono ai fianchi della macchina. I canguri
sono enormi, visti liberi hanno dello spettacolare. Ogni tanto ce n’è uno morto
ai lati della strada. Chiedo come funziona per rimuoverli, Greg dice che
rimangono lì a decomporsi ma secondo me non può essere altrimenti si sarebbero
visti in giro scheletri e carcasse.
Dopo un’ora arriviamo alla
fattoria. Sinceramente, dopo aver visto il sito web e ascoltato i racconti di
Greg mi aspettavo la fattoria dei Mini Pony, coi recinti bianchi freschi di
pittura, capannoni enormi, stalle dalle pareti altissime, stallieri fisicati,
lo zio Tom.
Tre cagnolini ci accolgono,
scodinzolando affettuosi. Cumuli di vecchi motori, ruote di scorta bucate,
pezzi di ferro abbandonati. Un albero al centro della più completa desolazione,
la casa a dirimpetto. Una costruzione in legno che ricorda le foto da reportage
dal titolo ipotetico Quel che resta dell’URSS, che tenuta come si deve manterrebbe ugualmente l’aspetto di una
vecchia roulotte che ha ospitato storie di meth addiction e redenzione
cattolicopatica.
Dentro casa invece è tutto un
altro scenario. Non è vero. Ci sono però tre televisori piatti LCD accesi
contemporaneamente e sappiate che qui non è come in Italia che ci è toccato il
televisore col decoder per l’illegalità di Rete 4, la vecchia telly tiene ancora botta.
Toni è una donna dolcissima,
anche lei sulla cinquantina. Hanno due figli, si capisce dalle foto appese. Mi
siedo al tavolo coperto da una tovaglia di plastica. Greg mi offre una birra,
certo, ho bisogno di bere qualcosa. La mia stanza è una vecchia camera
trasformata in ripostiglio. Ci sono valigie e scatoloni piena di roba, tutta l’abitazione
straborda di roba. Come succede ai canguri morti, le cose ad un certo punto
trovano un posto e lì vengono dimenticate.
Mi aspetto di dovermi svegliare
presto, alle cinque tipo. Durante la notte non chiudo occhio. Ah, già. Il
telefono non prende. Non tanto internet, quello me lo aspettavo, ma proprio non
c’è linea. Questo significa che la mia unica opportunità di socializzare è Toni
e Greg, Greg e Toni. Gli animali, certo. Alla fine era quello che volevo, no?
Stare lontana dalle feste e dagli eventi mondani per un po’. Studiare e basta,
imparare come si accudiscono i cavalli. Poi quando meno te l’aspetti arriva
Robert Redford, si fa per dire.
Al mattino colazione con un
caffè. Non ho avuto bisogno della sveglia, ero all’erta a sentire i rumori della
casa. Seguo Greg per il cortile, mi fa vedere dove le galline fanno le uova. Ho
la mano che mi fa male, il lavoro mi ha distrutto i tendini. Mi guardo intorno,
cerco di capire dov’è Toni. Chiedo a Greg di tutti quei motori e moto
accatastati lasciati in mezzo al cortile. Lui vuole sapere se ho la patente,
così se voglio farmi un giro in paese posso usare la macchina.
Mi dice di salire sul pick up.
Siamo io e Greg e basta. Non mi sento molto a mio agio, non mi entusiasma
l’idea di passare le mie giornate sola con lui. La strada è tutta dissestata.
Ancora i wallaby e i canguri che ci corrono accanto, cerco di emozionarmi ma
non ci riesco. Greg ha un grosso coltello vicino al sedile. Quando ferma la
macchina mi chiede di aiutarlo a smontare una balla di fieno dal retro e di
sparpagliarla intorno.
Il giro non termina mai. Comincio
a innervosirmi, è una situazione che non mi piace. Maybe sono con la persona
più buona e carina di questo mondo ma in caso contrario non avrei via di
scampo. Faccio mente locale sulle possibili opzioni. Lui parla di serpenti,
colgo la palla al balzo, cosa succede se morde un serpente. Succede che di
solito non accade ma può sempre capitare! C’è solo da augurarsi il meglio
perché l’ospedale più vicino è a più di 60 km. Quanti altri woofer avete
ospitato, chiedo. Si fa una grossa risata e a quel punto realizzo che devo
andarmene: tu sei la prima!
Mi sento in colpa, dubitare di
questa coppia solo perché la situazione ha tutti gli ingredienti di un thriller
di successo.
Al ritorno, alla sola vista di
Toni mi si allarga il cuore. È ancora mattina, sarà appena mezzogiorno. Dico
che sono desolata ma che voglio essere riaccompagnata a Goulbourn. Spiego che
non avevo idea di come fosse dura la vita di campagna, che non mi sento molto a
mio agio senza telefono eccetera.
Vuoi andartene adesso? Non vuoi
provare nemmeno un paio di altri giorni?
Hai paura forse che ti
ammazziamo?
Credo che la chiusa poteva
risparmiarsela ma forse li capisco. Ho cercato di essere più carina possibile
ma Greg ormai si era arrabbiato. Dice alla moglie di portarmi giù al paese, che
lui non ne ha voglia.
Felice carico le mie cose in
macchina. Abbraccio Greg, non me ne frega un accidente se se l’è presa. Sono
con Toni adesso, lei è dolcissima. È un caldo afoso fuori, Toni mi aspetta
fuori dal supermercato. Insiste che io compri qualcosa da mangiare per il mio
lungo viaggio. Non ho ancora idea dove andare.
In stazione appoggio tutta la mia
roba per terra. Telefono subito in carica. Mi fa male la mano ma sono di nuovo
libera e senza un piano. Non ho molto denaro con me, devo trovarmi un lavoro al
più presto.
Mi avvicino allo sportello e
compro un biglietto per la città più grande e costosa dell’Australia.
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