lunedì 9 giugno 2014

Lasciamo Melbourne.

Dopo che i ragazzi tedeschi se ne sono andati, la casa riprende i suoi ritmi lenti. Alicia e Tom si fanno sempre più silenziosi – a parte quando scagnarano – e Tamish è rientrato dai suoi dieci giorni di meditazione intensiva, vale a dire senza telefono, senza alcool e sigarette, ma soprattutto senza rivolgere parola o sguardo agli altri del gruppo.
«Come è andata?», gli chiediamo io e Nicoletta appena lo vediamo. Magnificamente, ci risponde, è stato stupefacente. Continua con l’elenco degli aggettivi, tra l’altro una cascata di sinonimi, e non riesce a spiegarci cosa ha reso “incredibile” la sua avventura.
«Una sigaretta ce l’hai?»
«Ma, Tamish! Sei appena rient… »
«Shout up, d’accendere?»
Tamish spende 20,000$ all’anno in meditazione eccetera. Telefona al suo guru, di tanto in tanto, e anche questo gli costa una fortuna, perché il caro maestro si fa pagare al minuto. Sarà la vicinanza con l’India – sicuro –, fatto sta che gli australiani sono parecchio dentro la questione spirituale. E mi viene in mente Pasolini e i suoi Comizi d’Amore, di quando andava per le strade a intervistare gli italiani sul problema del sesso. Le risposte che ho ascoltato sono state abbastanza sempliciotte e approssimative, non troppo distanti da quelle di tanti cattolici nostrani. Ma al problema spirituale ci arriveremo più avanti, quando approderò a Sydney nel cuore di un tempio Hare Krisna. Melbourne, a parte il mio housemate, se la vive apparentemente più easy.
Finita la sigaretta, Tamish mi allunga un foglio con i calcoli di affitto, bollette eccetera. Da una rent mensile che sarebbe dovuta essere 800$, arrivo a pagarne 950$. Col lavoro che faccio non me la posso più permettere. Decido così, in un caldo pomeriggio di mare sulla costa di Mornington, che è il caso di lasciare Melbourne e di proseguire la mia avventura da qualche altra parte.
Ho ancora un mese da passare qui. Sono un po’ esausta, a dire il vero. Il lavoro mi ammazza, Nicoletta si trasferirà presto da me, non voglio vivere con un’italiana e poi, con lei vicino, il mio tempo libero non esisterà più, perché diventrà il suo tempo libero. Significa che mi farà prendere un po’ di sole, che di mio me ne starei chiusa in casa riversa sulle grammatiche d’inglese.
Facendo un riepilogo di questi primi tre mesi dico che sono stati grandiosi: ho conosciuto un sacco di gente, ho imparato mestieri e parole nuove, mi sono decisamente divertita e ho valutato diverse opzioni di sopravvivenza. Sugli incontri, i migliori sono stati sul tram. Sarà scritto nel mio karma, avrò una faccia di quelle che stimolano la conversazione, non lo so, ma le persone mi parlano senza che io faccia niente. L’inglesino di 21 anni in mdma sparato, un tedesco di 27 che cercava lavoro, due giapponesi che facevano i cuochi, una suora che parlava dieci lingue, un padre con suo figlio sedicenne, il tipo dei biscotti di maria – quello vabbè, l’avevo conosciuto a una festa – e altri che non ricordo ma che sicuramente sono esistiti.
Sempre della categoria “conoscere gente”, se non capita per caso, ripeto, per cominciare il couchsurfing è un valido supporto. Avevo partecipato a un paio di serate in birreria dove altri viaggiatori come me si incontrano per scambiare due chiacchiere e conoscersi. Io avevo la punta con una ragazza olandese che aveva scritto sulla bacheca di couchsurfing “cercasi amica disperatamente, vivo con cinque uomini, ho bisogno di parlare con una ragazza!”, ed era stato carino che altre ragazze si erano unite a noi quella sera, finita con una bella sbornia e qualche tiro di canna. Questo comunque è stato all’inizio, quando vivevo con Giuliano e mi trovavo nella sua identica situazione. Poi è stato buffo che un pomeriggio me la ribecco in Albion street. Anche lei viveva lì, incredibile. Ci siamo promesse una cena che non c’è mai stata, e da quel giorno non ci siamo più riviste.
Sulla sopravvivenza invece, quando sei in cerca di lavoro o di come raccimolare qualche soldo, sei come una lepre pronta a scattare al minimo sussulto. Avevo sentito che se donavi il sangue per la ricerca sul cancro ti davano 30$, però potevi donare non più di una volta al mese – erano sempre 30$!; fare la modella di nudo per un privato – la paga era buona anche se adesso non me la ricordo; fare i massaggi in bikini – di questo manco a parlarne, anche se ho una cara amica che lo fa da parecchio tempo, e aggiungo, con le mie misure non mi prendevano sicuro.
Com’è andato il capodanno?
«Nicoooo! M’ha scritto Giuliano!», lo sapevo, lo sapevo che mi pensava!
Ok, siamo d’accordo, era un bloody messaggio su come ho passato le feste, che però mi aveva fatto fare salti di felicità lo stesso, visto che non ci eravamo più sentiti. E poi, se vuoi bene a qualcuno, ti si allungano gli angoli della bocca solo a sentire tintinnare il suo nome.
E comunque, non è che fosse cambiato qualcosa.
Più passavano i giorni, più mi esaltavo all’idea di partire. Il piano era di fare woofing in qualche fattoria, che significa lavorare non più di 4, 6 ore al giorno in cambio di vitto e alloggio. Ovviamente non sono lavori pesanti, però dipende sempre dove vai. Io avevo trovato una fattoria che allevava i cavalli da corsa. Greg e Tony erano i titolari, a giudicare dai nomi mi ero prefigurata due fratelli o una coppia gay, invece erano marito e moglie. Sì perché non era Tony ma Toni. Il sito web faceva pensare a un posto davvero fico. Mi ero immaginata un’immensa scuderia immersa nel verde, con tutti quei cavalli e io, come Heidi, gozzovigliare tra le balle di fieno.
Comunque avevo scelto l’opzione woofing per due importanti motivi: la mia mano destra con la sua orribile sindrome del tunnel carpale – sapete com’è, faccio l’illustratrice! –, e dedicarmi allo studio. Va bene l’inglese imparato parlandolo, ma non è uguale se ci applichi le sue belle regoline, fai l’orecchio a diversi generi di scrittura e scrivi. È come mettere una canna di bambù a sostegno della piantina che cresce, così viene su diritta.

E poi chissà, magari ribecco pure lo scozzese! Sydney non mi ispirava granché, sono stata per lungo tempo una paladina di Melbourne, e invece mi sono ricreduta.

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