giovedì 10 settembre 2015

Volerei da me da Roma fino New Delhi, passando da Sydney giusto un attimo

Vi avevo lasciato nel bel mezzo dei racconti di Vamana Valley, il resort gestito dagli hare krisna, mentre in tempo reale salutavo Sydney in partenza per Ho Chi Minh. Mi sembra ieri, eppure è passato un anno.
Di cose ne sono accadute un’infinità, raccontarle tutte ora mi è difficile, non tanto per la memoria, ma emotivamente parlando. Philipp e io abbiamo avuto una storia di circa un paio di mesi. Non mi sento responsabile del suo abbandono dei voti religiosi, credo di essere stata una buona persona con cui si è confrontato in un momento cruciale della sua vita, tutto qui. Vamana Valley era circondata dal verde, un verde simile allo sfondo usato per i fotomontaggi in postproduzione, dove gli attori recitano su un fondale monocromatico e l’ambientazione viene aggiunta a posteriori. Eravamo lontani dal mondo, da tutti, da noi stessi non lo so.
Ci eravamo baciati una sera. Io ero sbronza e un po’ su di giri. Non potevamo fare uso di alcolici, Vamana Valley era una comunità religiosa, bisognava dunque astenersi da fumo, alcool e sesso all’interno del resort. Ovviamente fuori potevi fare ciò che volevi.
Quella sera io e altri due ci eravamo presi la giornata libera, quindi eravamo andati col treno a Woolongong. Avevamo fatto amicizia con due tizi che avevano staccato dal lavoro. Tra birre e sigarette, uno di loro tira fuori la carta di credito e una banconota da dieci dollari. Eravamo seduti in terrazza, praticamente sulla strada, ma nessuno di loro si è preoccupato di doversi nascondere in bagno.
Torniamo che è notte fonda. Philipp era disteso sul prato avvolto in una tunica bianca. Mi distendo accanto a lui. Guardiamo le stelle. Mi dice che è molto più piacevole condividere il cielo con qualcun altro. Poi mi bacia.
I giorni seguenti giochiamo al gatto e al topo, occhiate complici e baci rubati non appena restiamo soli. La prima notte che abbiamo dormito insieme lui aveva pianificato tutto nei dettagli. C’era la suite, la camera più bella ed elegante del resort, con la parete a vetro scorrevole che si affacciava sul bosco, il bagno in camera e le lenzuola migliori. Philipp aveva le chiavi. Se lo beccavano non oso immaginare cosa sarebbe accaduto. Si era rasato a zero e aveva lasciato Amburgo a 17 anni per Krisna e il Sud Africa, a 23 anni era evidentemente ancora abbastanza sveglio e incosciente per riscoprire il sesso dopo cinque anni di voto.
Le volte successive prendevamo la Volkswagen e andavamo sulla spiaggia. Dovevamo stare sempre attenti che non ci scoprissero. Parlavamo tanto e ascoltavamo i brani di un pianista portoghese. Suonava il pianoforte, mi faceva entrare nella sua stanza e ascoltare le sue tracce mp3. Per qualche giorno abbiamo pensato di fuggire tutti e due in Thailandia o di proseguire il viaggio insieme. Il suo visto religioso sarebbe scaduto a breve e lui doveva decidere se estenderlo per restare o interromperlo per ritornare a Rotterdam e ricominciare daccapo. Facevo lunghe passeggiate in solitaria, cantavo per non pensarci. Se restava avrei avuto altro tempo con lui, se tornava a casa addio voti e forse, in un futuro, ci saremmo potuti reincontrare. Una notte avevamo ottanta ospiti e non esisteva stanza per stare insieme. Ci lasciamo inghiottire dall’oscurità sotto una pioggia estiva senza tregua. È stato lì che abbiamo pensato alla Thailandia o di proseguire a nord est, verso Darwin, passando per Brisbane e la Gold Coast. Un gruppo di cervi ci passa accanto in quel momento: pensiamo entrambi a un segno o a una benedizione.
Quando è partito non sono andata a salutarlo perché ero troppo arrabbiata e gelosa. Sapevo che mi aspettava. Era andata bene così. Avevo ancora davanti sei mesi di viaggio, non me la sentivo di viaggiare in coppia, volevo consumarmi i giorni allo sbaraglio, senza vincoli né preoccupazioni verso qualcun altro. Lui si era spaventato e io lo stesso. Più i nostri incontri erano intensi più il giorno seguente il precipizio si allargava. Avrei voluto accoglierlo ma non ne ero in grado. Credo lo stesso sia capitato a lui.
Non potevo credere che mi avesse telefonato dall’aeroporto. Ero in estasi. Voleva salutarmi e augurarmi buona fortuna.

Qualche settimana dopo decido di lasciare Vamana Valley e mi trasferisco a Cronulla, una cittadina sul mare a un’ora di treno da Sydney. Facevo la lavapiatti in una café vegano e leggevo i tarocchi. Sono abbastanza fortunata da trovare immediatamente casa, così, qualche settimana dopo aver trovato lavoro, mi trasfersico nell’appartamento di una mia collega. Si chiama Sarah, capelli rossi, 36 anni. È una ragazza madre. Devono esserci stati dei problemi, suo figlio non viveva con lei ma con il padre a Perth. Soffre di forti depressioni ed è convinta che tutto il mondo voglia fregarla. Suo fratello è eroinomane, entra e esce dalla comunità, suo padre un uomo che sembra molto buono ed estremamente fragile, sua madre, stando ai racconti di Sarah, un’anaffettiva sociopatica che salta da un partner all’altro. L’appartamento di Sarah è bellissimo. Ha molto gusto ed è molto pulita. Non ha amici, per cui passiamo un sacco di tempo insieme. Il venerdì sera ci prendiamo un dvd nella videoteca in fondo alla via. Parliamo un sacco e grazie a lei il mio inglese è migliorato.
Sa che adoro scrivere. Una sera mi propone di seguirla fino Sydney a un incontro di scrittura creativa.
-“Non è proprio scrittura creativa... è una scrittura creativa ‘spirituale’...”.
Va bene, le dico, non c’è problema, ogni cosa nuova è interessante. Lungo il tragitto in macchina mi confida che in realtà si tratta di un incorntro di preghiera. La cosa mi diverte, è proprio fuori questa, mi dico, ad ogni modo imparerò qualcosa.
La chiesa non è cattolica. Le chiedo se è anglicana o protestante ma Sarah non mi sa rispondere. C’è un impianto montato sull’altare con casse stratosferiche, chitarre elettriche e batteria. Sembra l’allestimento di un concerto rock. Lì sotto ci sono delle sedie disposte a ferro di cavallo con delle persone. Non avevano l’aria del tutto equilibrata, ma sorvoliamo. Al centro, una donna dai lunghi capelli biondi, i Camperos e le dita inanellate si scalda la voce al microfono intanto che distribuisce fotocopie con versi e letture. Parla per circa un’ora di temi quali la famiglia, la società e l’amore di Dio. Poi ci fa alzare tutti in piedi. “Chiudete gli occhi e respirate”, ci dice. L’esercizio assomigliava al rilassamento del training autogeno. Poi ad un tratto chiede chi di noi riesce a sentire le Presenze.
WTF! Guardo Sarah per chiederle spiegazioni. Alcune persone si avvicinano all’altare e cominciano ad urlare. Una signora piccola e grassa ride e si accascia per terra. Un’altra, completamente in trance, viene toccata dalla sacerdotessa sulla spalla e comincia anche lei a contorcersi e a dimenarsi. Il tutto è andato avanti per un’altra ora. Incitavo Sarah a farsi toccare anche lei per vedere che succedeva, ma mi ha detto di no. Ce ne andiamo noi alla fine, con le urla, i gemiti e le risa isteriche che restavano alle nostre spalle.
Sarah ha continuato ad andare agli incontri per circa due volte poi ha abbandonato. Alla fine, lei cercava solo un uomo di cui innamorarsi e che prima o poi la sposasse. Mi aveva raccontato che Chris, il ragazzo avuto per un certo periodo, beveva e la picchiava. Non voleva poi che suo figlio Antony di 8 anni al mattino si intrufolasse nel letto di sua madre. Poi un giorno è fuggita di casa. Così era finita con Chris. Brad, il padre di Antony, dai racconti di Sarah, non doveva essere troppo male, nel senso che almeno era presente e non le alzava le mani. Lei non voleva comunque starci, non le piaceva troppo, anzi, lei all’inizio era innamorata del suo amico, ma poi le cose sono andate così. Era rimasta in cinta per sbaglio. Mi ha detto che per quanto ama suo figlio Antony, se tornasse indietro probabilmente oggi farebbe scelte diverse. Si guardava allo specchio e si vedeva brutta e vecchia. Non guadagnava molto ma ogni tanto si sottoponeva a iniezioni di botox sugli zigomi e agli angoli della bocca.
In certi momenti la convivenza con lei è stata dura, ma le ho voluto molto bene. Mi ha trattato con i guanti e pagavo la mia stanza una miseria. Lei non voleva vivere da sola.
L’ultimo episodio che voglio ricordare di Sydney riguarda Simona e quando ha preso un volo per venirmi a trovare. Oltre ad amarla profondamente, insieme ci divertiamo sempre da morire. La prima sera lei aveva fatto couchsurfing da un tipo che alla fine ci ha provato. L’avevo conosciuto anche io. Ci eravamo dati appuntamento al Sydney Opera House, in un posto con ristoranti e bar per aperitivi sul porto con gruppi musicali che si esibiscono. La sera dopo, stesso posto, ma solo io e Simona. Lei mentre aspettava che arrivassi da Cronulla aveva conosciuto due ragazzi. Mentre cammino tra i tavoli per cercarla, un ragazzo con due bellissimi occhi blu mi chiama per nome.
Simona era andata in bagno e infatti la vedo arrivare poco dopo. Lui si chiama Pier, francese. Dice che nella vita lui è ricco e che non ha bisogno di lavorare. Alan, il suo amico, è archeologo ed è originario di Sydney. Pier era catapultato a Sydney per amore. Aveva conosciuto una ragazza australiana in Francia e l’aveva seguita, poi le cose erano andate male. Diceva di fare lo scrittore. Di cazzate ne aveva dette parecchie ma era molto brillante e piacevole. Aveva 26 anni e di sicuro uno stuolo di ammiratrici appresso. Dopo un po’ che parliamo le coppie si formano, Alan con Simona, io con Pier. Finiamo la seconda bottiglia di vino.
Andiamo insieme in locali chiccosi in cui non avrei mai lontanamente pensato di poter mettere piede. Loro certo erano molto benestanti e ci avevano offerto praticamente tutto. Era un sogno. Al posto della zucca avrei gradito una doccia e degli abiti più eleganti. Invece avevo appena staccato dal lavoro ed ero con la mia inseparabile giacca a vento presa alla Decathlon.
A fine serata andiamo a casa di Pier. Poco dopo Alan e Simona si spellano dai baci. Io e Pier siamo sul divano. Dopo un po’ mi fa segno di sedermi accanto a lui. Restiamo così abbracciati finché non viene un freddo cane e ci spostiamo in camera da letto per ficcarci sotto le coperte. Simona era con Alan a casa sua. Mi sarebbe venuta a prendere con il taxi alle cinque del mattino per tornare a Cronulla e dunque ripartire per Adelaide. Con Pier ci salutiamo velocemente, si sistema la camicia nei pantaloni, un abbraccio e nice to meet you.
Io e Pier non ci siamo più visti né sentiti. So che ultimamente aveva trovato lavoro a Budapest ma che non gli piace affatto. L’ho saputo da Simona che invece con Alan ha fatto sul serio per un po’. Sembrava la storia della vita. Simona ha passato l’estate in barca a vela, lavorando come cuoca in attesa di notizie dal Phd. Ci siamo incontrate ieri, qui a Pesaro, sta una favola.